Lo zero nella storia

Gerbert d’Aurillac fu abate di Bobbio, oltre che papa dell’Anno Mille. È avvenuto più volte che nella città si sia parlato di lui e della sua opera, anche fuori dei convegni fra specialisti: è una rilevante gloria del posto, non solo per le importanti cariche che ricoprì, ma anche per il contributo che diede all’introduzione in Europa della scrittura dei numeri con il sistema che oggi usiamo in tutto il mondo: la scrittura posizionale. Gerberto era stato nella Penisola Iberica (occupata dagli Arabi dal “tempo che passàro i Mori / d’Africa il mar”, inizio sec VIII), e là conobbe il sistema arabico. L’ultima occasione di parlare dall’Abate è stata una relazione del professor Flavio Nuvolone a Genova, in Palazzo Ducale, nel corso di una due-giorni fra Genova e Bobbio, nell’ambito delle manifestazioni di “Genova capitale europea della cultura 2004”1. La relazione s’intitola “Gerberto svela i numeri all’Imperatore”. E parlando di numeri, capita di nominare lo zero, il quale non è un numero. Però …

***

I segni grafici attuali, arabici e nostri, sono i seguenti:


١

٢

٣

٤

٥

٦

٧

٨

٩

٠










°

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0


C’è un’analoga tabella, che riporta altri caratteri con didascalia “arabo-orientale”, da intendersi come quella mutuata dagli Indiani. I segni assai diversi, ad eccezione delle cifre 1 e 9; al posto dello zero non c’è il puntino, ma un cerchietto vuoto, molto come quello indicato nella tabella nella seconda riga. Lo zero c’era già nella scrittura orientale.

Si può arguire che lo zero sia l’ovvia conseguenza della scrittura posizionale. Si immagini che in casellario si trovino tre sassolini (=calcoli), insufficienti a riempire un sacchetto che ne contenga una decina, nella prima casella a destra. Nella successiva casella verso sinistra ci siano quattro sacchetti-decina (insufficienti a riempire un sacco più grande che contenga una decina di sacchetti) e nella terza casella ci sino due di tali sacchi. Lo scriba per annotare le quantità fa la mappa del casellario e, se Arabo, scrive da destra verso sinistra:


prima il tre

Senso di scrittura

٣

poi il quattro (٤) a formare

٤٣

e infine il due (٢)

٢٤٣


E chi dovrà leggere dirà: tre e quaranta e duecento.

Svuotata la prima casella, la mappa del rimanente è ٢٤٠, nella quale il punto (o il cerchietto) avverte il lettore che nella prima casella non c’è alcun sassolino.

Quel posto (sifr o sifar, in arabo), che è rimasto vuoto e che si è poi chiamato zero per Italiani, Francesi, Inglesi e Spagnoli, non è una scoperta cruciale: è la risposta ad una esigenza —quasi banale— del sistema, che altrimenti non si reggerebbe.

Lo zero non è un numero, e pertanto non ha il corrispondente aggettivo ordinale.

***

Per affrontare svariati tipi di problemi, attinenti alle misure piuttosto che alla conta degli oggetti (passi avanti e indietro a partire da una certa posizione, temperature al di sopra o al di sotto di quella del ghiaccio fondente, altezze dei monti o profondità degli abissi, forze che tendono e forze che schiacciano, variazioni di una qualsivoglia grandezza, come l’aumento di peso per chi smette di fumare e la diminuzione per chi smette di mangiare …), furono poi introdotti i numeri negativi. Lo zero assunse così il significato di elemento di separazione fra l’insieme dei numeri positivi e quello dei negativi.

Si dice correntemente che ogni numero negativo è minore di zero, proprio come si dice che il tre è minore di quattro. Se lo zero entra un paragone con un numero, è divenuto, a rigor di logica, un numero (pur con qualche peculiarità) perché ogni paragone presuppone termini omogenei.


Il vero aspetto cruciale dello zero, sconosciuto dagli antichi, viene da altre considerazioni.

La serie dei numeri naturali (i numeri interi, adottati già nell’era neolitica per contare gli oggetti) è infinita. La parola “infinito”, se si parla di numeri, non ha alcun significato trascendente, né alcunché in comune con l’eternità: significa soltanto che a qualunque numero mi sia proposto, posso rispondere con uno più grande.

È concetto assai antico la divisione di qualche cosa (patrimonio, raccolto agricolo, prede di caccia o bottino di guerra) in un certo numero di parti uguali. Concetti come la terza parte, la decima parte, ma anche la centesima o la millesima parte, e via elencando sono primordiali. Queste frazioni costituiscono una successione di infiniti termini, sempre decrescenti, detti infinitesimi nel senso che a qualunque frazione mi sia proposta, posso rispondere con una più piccola.

Il filosofo greco Zenone, detto l’Eleate perché nato ad Elea (oggi Velia, in Lucania) nel 480 a.C., enunciò il famoso Paradosso di Achille e la Tartaruga, che è abbastanza intrigante anche ai giorni nostri e che ha fatto avventurare in spiegazioni fantasiose e pseudo-dotte anche stimati docenti.

Disse Zenone:

Se Achille, il piè-veloce, si ponesse all’inseguimento di una tartaruga partendo da posizione arretrata (non importa quanto), allorché sarà giunto nella posizione occupata inizialmente dalla tartaruga, questa (essendosi mossa) avrà un certo vantaggio: certamente ridotto, ma pur sempre vantaggio. Si è così riprodotta la condizione iniziale e si può ripetere lo stesso ragionamento più e più volte: ad ogni reiterazione constateremo che la tartaruga è in vantaggio (non importa quanto).

Quindi Achille non raggiungerà mai la tartaruga.


L’opinione di tutti è contraria, ma il ragionamento sembra corretto: si tratta di un paradosso o di un errore?

Osserviamo che fare (e reiterare) l’analisi della competizione ponendo Achille nella posizione in cui era la tartaruga, significa prendere in considerazione solo istanti in cui la tartaruga non è ancora raggiunta. Questo a Zenone, senza dubbio, era ben chiaro. Egli, però, aveva evidenziato che prima del raggiungimento c’è una successione di infiniti intervalli di tempo. Una somma di infiniti intervalli temporali, deve aver pensato Zenone, è un tempo senza fine.

Rifacciamo il ragionamento, con l’ausilio dei numeri.

Achille sia in grado, da piè-veloce qual è, di correre i 100 metri in 10 secondi netti e la tartaruga (che supponiamo ben allenata e alla quale non faremo controlli anti-doping) sia in grado di correre 10 metri in 10 secondi; l’handicap di Achille sia di 90 metri.



I

II

III

IV

(metri)

(secondi)

(metri)

(metri)
A. giunto a
90
trascorsi
9
T. giunta a
99
Vantaggio di T.
9
A. giunto a
99
trasc. altri
0,9
T. giunta a
99,9
Vantaggio di T.
0,9
A. giunto a
99,9
trasc. altri
0,09
T. giunta a
99,99
Vantaggio di T.
0,09
A. giunto a
99,99
trasc. altri
0,009
T. giunta a
99,999
Vantaggio di T.
0,009
A. giunto a
99,999
trasc. altri
0,000 9
T. giunta a
99.999 9
Vantaggio di T.
0,000 9
A. giunto a
99.999 9
trasc. altri
0,000 09
T. giunta a
99,999 99
Vantaggio di T.
0,000 09
A. giunto a
99,999 99
trasc. altri
0,000 009
T. giunta a
99,999 999
Vantaggio di T.
0,000 009
A. giunto a
99,999 999
trasc. altri
0,000,000 9
T. giunta a
99,999 999 9
Vantaggio di T.
0,000,000 9



Da qui si può concludere:

  • che la tabella può essere accresciuta con altre righe e che non potremo giungere ad un punto in cui essa possa dirsi finita2,
  • che i vantaggi della tartaruga decrescono rapidamente si accumulano vicino a zero;
  • che anche gli intervalli di tempo fra due righe successive hanno come punto di accumulazione lo zero (colonna II).

Lo zero inteso come “punto di accumulazione di insiemi di punti infinitesimi —questo sì— è stato un passaggio cruciale. L’analisi infinitesimale partì con Newton e Leibnitz nel XVII secolo, ed ebbe un precedente (embrionale) con Archimede (III secolo a.C.)

La tabella mostra anche

    • che le successive posizioni di Achille e della tartaruga (colonne I e III), diverse ad ogni riga, crescenti ad ogni riga con incrementi infinitesimi, hanno lo stesso punto di accumulazione (100 metri);
    • che il tempo trascorso dall’inizio dell’inseguimento, somma degli intervalli di tempo della colonna II, è 9,9999999 secondi (basta un’occhiata). Se allungassimo la tabella, quella somma si arricchirebbe di altri ”9” in coda alla già lunga fila di decimali. Anche questi numeri hanno un punto di accumulazione: 10 secondi.

I punti di accumulazione non compaiono (lo sapevamo dalle premesse) nella tabella degli eventi che precedono il raggiungimento. Quei valori (100 metri, 10 secondi) dunque attengono, ad un’altra classe di eventi, cioè al raggiungimento stesso.

Verifica: Dopo 10 secondi, Achille avrà percorso 100 metri e la tartaruga 10. Avendo goduto di un vantaggio iniziale di 90 metri, la tartaruga sarà perfettamente affiancata ad Achille.

Possiamo aggiungere un’altra conclusione:

  • Il metodo di Zenone, lungi dal dimostrare che Achille non raggiungerà mai la tartaruga, dimostra il contrario. Ci permette perfino di calcolare dove e in quanto tempo il raggiungimento avverrà.

1 Vedere La Trebbia, n.32 del 30 settembre 2004

2 Se riferito al completamento della tabella, “mai” è l’avverbio giusto

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